Nel quadro del Webinar “Sicurezza e minaccia terroristica nello scacchiere geopolitico euroasiatico” il Dott. Daniele Garofalo e il Dott. Riccardo Valle hanno illustrato quali siano le minacce jihadiste imminenti nella regione dell’Eurasia e quali potrebbero essere gli sviluppi futuri alla luce degli eventi recenti in Afghanistan.
L’Eurasia ricopre un ruolo fondamentale nello scacchiere geopolitico internazionale. Secondo la teoria dell’Heartland di Mackinder il controllo della regione euroasiatica permette a una potenza di controllare l’intero mondo, ragion per cui Zbigniew Brzezinski, politologo, consigliere per la sicurezza nazionale durante la presidenza di Jimmy Carter (1977-1981) e autore del libro La grande scacchiera. Il mondo e e la politica nell’era della supremazia americana, aveva elaborato una dottrina volta a impedire l’ascesa di una potenza in Eurasia che potesse contrastare la supremazia degli Stati Uniti.
Il terrorismo e l’estremismo religioso hanno caratterizzato la regione nelle ultime quattro decadi se si pensa che in Eurasia è iniziato quello scontro tra una potenza internazionale e militanti locali uniti dal Jihad nel combattere l’invasore esterno ‘infedele’ che prese il nome di Conflitto Russo-Afghano (1979-1989). Se negli anni ’80 i mujahideen afghani sembravano una realtà circoscritta al solo Afghanistan, oggigiorno l’Eurasia, essendo ancora fulcro dello scacchiere geopolitico mondiale, è influenzata su larga scala dalle attività di diversi gruppi terroristici il cui network si estende non solo nelle aree di conflitto come l’Afghanistan, la Siria, e l’Iraq, ma anche in quei paesi europei e asiatici dove la propaganda jihadista riesce a fare proseliti tra la comunità musulmana.
Nel quadro delle attività di SpecialEurasia di monitoraggio e analisi della regione euroasiatica abbiamo sviluppato un progetto volto a comprendere in che modo la minaccia del terrorismo e gli interessi strategici possono influenzare le dinamiche regionali, argomento che verrà trattato ampiamente nel Webinar “Sicurezza e minaccia terroristica nello scacchiere geopolitico euroasiatico” organizzato il giorno 16 dicembre 2021 alle ore 19.00 a cui prenderà parte tra i diversi oratori anche il Dott. Daniele Garofalo, ricercatore e analista del terrorismo di matrice jihadista, e il Dott. Riccardo Valle, analista specializzato in terrorismo e propaganda jihadista
Abbiamo quindi chiesto a Garofalo e Valle di fornirci una panoramica della regione euroasiatica secondo la sua chiave di lettura che verrà ampiamente discussa e analizzata durante il Webinar “Sicurezza e minaccia terroristica nello scacchiere geopolitico euroasiatico”.
Perché la regione dell’Eurasia è importante nel panorama geopolitico internazionale (con riferimento al Jihadismo)?
“L’Eurasia, e in particolare la regione centro asiatica e quella storica del Khurasan comprendente anche Iran e Pakistan, si trova in una posizione strategica per il jihadismo locale e internazionale. Non solo è un crocevia di gruppi con differenti obiettiv,i ma legati da mutue alleanze; essa è anche la regione dove è nato il conflitto più importante nella storia jihadista, il Jihad anti-Sovietico prima e quello anti-Occidentale poi. Il Jihad in Afghanistan ha un forte valore sia in termini militari, di addestramento, ma anche simbolico: in Afghanistan sono stati forgiati legami transnazionali tra gruppi che coprono tutto l’arco regionale e oltre. In seguito, le guerre cecene, l’invasione statunitense dell’Afghanistan, l’inizio della guerra civile siriana e la proclamazione dello Stato Islamico, hanno aperto un nuovo capitolo che ha coinvolto anche la regione centro asiatica, costringendo i gruppi locali a dover scegliere tra Imarat e Dawlah. Oggi la competizione tra Stato Islamico e Talebani ha assunto una nuova dimensione con la vittoria degli ultimi che avrà conseguenze negative non solo per l’Afghanistan, ma anche per gli Stati della regione.“.
Quali sono i tre trend (o più?) principali che crede possano minacciare la sicurezza della regione?
“Le conseguenze del crollo della Repubblica Islamica afghana e della costituzione del nuovo governo talebano coinvolgono inevitabilmente non soltanto l’Afghanistan, ma anche una serie di attori statali e non-statali nella regione, già segnata da diversi rischi. La vittoria dei Talebani in sé è fonte di ispirazione per i gruppi jihadisti che guardano al gruppo afghano come modello per raggiungere i proprio obiettivi, ovvero la costituzione di Stati puramente islamisti. Le ripercussioni sono legate intrinsecamente alle relazioni che i Talebani hanno con i gruppi jihadisti asiatici e globali, Al-Qaeda (AQ) in primis; la ritirata degli Stati Uniti costringe i militanti islamisti a riposizionarsi ed elevare un nuovo attore regionale a nemico principale, sia Russia, Cina, India, o Pakistan, in quanto i movimenti jihadisti necessitano di un nemico per sopravvivere. Allo stesso tempo, i Talebani non hanno la volontà e non sono nella posizione di poter impedire completamente ai gruppi che hanno combattuto contro le forze della Coalizione NATO sotto la bandiera talebana per anni di perseguire ora i propri interessi a danno di altri Stati con i quali il nuovo governo di Kabul ha dichiarato di voler intraprendere relazioni amichevoli. Questo è vero non solo per gruppi regionali, ma anche per quelli di portata globale come Al-Qaeda, la cui leadership potrà ottenere respiro al sicuro nel nuovo Afghanistan.
Oltre alla situazione di precaria sicurezza data dal nuovo regime, la presenza della branca locale dello Stato Islamico in Afghanistan (ISKP) costituisce la minaccia principale per la stabilità dell’Afghanistan e per gli interessi degli Stati limitrofi grazie alla capacità del gruppo di saper combinare una narrazione locale anti-Talebani con una propaganda transregionale che abbraccia Russia, Cina, Iran, Pakistan e Repubbliche centro asiatiche. L’ideologia di ISKP permette al gruppo di rafforzarsi ad ogni passo che i Talebani compiono nel formalizzare il proprio regime, colpendo obiettivi militari, civili ed economici, ma anche di operare sfruttando svariate connessioni transnazionali, come anche dimostrato dalla folta presenza di militanti provenienti da diversi gruppi etnici regionali quali uzbeko, tagiko e uiguro. La minoranza uigura in particolare si presenta potenzialmente come un catalizzatore per i gruppi jihadisti della regione; non solo per lo Stato Islamico, il quale sfrutta la campagna di repressione cinese degli Uiguri per denunciare le relazioni sino-talebane, ma anche per il Partito Islamico del Turkestan (TIP), alleato dei Talebani e di Al-Qaeda. La possibilità che i Talebani costringano il TIP ad abbandonare l’Afghanistan, come sarebbe desiderio della Cina, appare estremamente improbabile; al contrario, i Talebani potrebbero cercare di limitare il TIP ad attività di addestramento e logistica in Afghanistan e assecondarne invece le operazioni verso obiettivi in altri Stati, in primis il Pakistan, dove i Talebani pakistani (TTP) potrebbero offrire supporto per gli attacchi del TIP a obiettivi cinesi legati al corridoio C-PEC nella regione di Khyber Pakhtunkhwa. Similmente, il progetto C-PEC è già bersaglio di diverse operazioni dei gruppi indipendentisti balochi la cui leadership spesso trova rifugio nelle provincie meridionali dell’Afghanistan. Se da una parte il nuovo governo talebano potrebbe portare a una riduzione delle attività di questi gruppi a danni di Pakistan e Cina, dall’altra la creazione di una situazione di instabilità potrebbe favorire il movimento dei militanti balochi tra Afghanistan, Pakistan e Iran.
La leadership del TIP, che ha già una branca operativa in Siria da diversi anni, potrebbe riabbracciare a breve i propri militanti “siriani”, addestrati ad un tipo di guerra diversa da quella afghana, e indirizzarli, oltre al Pakistan, anche nei diversi Stati confinanti, per colpire gli interessi cinesi.
Lo Stato Islamico (IS) e AQ, oltre all’operatività nell’area dell’AfPak, continuano ad essere un potenziale rischio, oltre che per la Cina, anche per la Russia.
Basti pensare agli Stati dell’Asia Centrale e al Caucaso Settentrionale, tra le principali aree da cui sono partiti foreign terrorist fighters che si sono uniti all’IS in diverse aree, in particolare Siria e Iraq, o ai numerosi gruppi che hanno giurato fedeltà all’IS stesso (non tutti elevati a provincia), oltre alle numerose cellule di AQ, dormienti e non, presenti nelle aree citate in cui il gruppo qaedista è sempre stato storicamente presente, sia operativamente (guerre cecene, Emirato Islamico del Caucaso, e ora Imam Shamil Battalion), sia per quel che riguarda, supporto logistico e finanziario. Cellule, che potrebbero attivarsi ora che sia IS che AQ potrebbero avere maggiori opportunità.
Infine, non va tralasciato, in Afghanistan, l’operatività del National Resistence Front (NRF), che opera dal 21 agosto nell’area del Panjshir e di Baghlan, ma che si è allargato a macchia d’olio in diverse province (circa 11 ad ora), in cui numerosi gruppi armati (composti da ex ANA e ANDSF) hanno giurato fedeltà al NRF stesso, e potrebbero essere un fattore di instabilità (considerando che essi sono perlopiù composti da tajiki, uzbeki, sciiti Hazara), sia per la lotta di guerriglia che stanno conducendo contro i talebani, sia perché potrebbero essere un attore che diversi Stati potrebbero decidere di supportare o finanziare con il rischio di una nuova guerra civile nel Paese e conseguente crescente instabilità in tutta la regione.“.