L’Ucraina del presidente Zelensky continua a guardare in direzione occidentale auspicando di divenire membro dell’Unione Europea e della NATO, ma si vede costretta a gestire una situazione difficile interna aggravata dalla crisi sanitaria del COVID-19 e dall’acutizzarsi di vecchi problemi come la corruzione, il potere degli oligarchi e lo stallo in merito al conflitto con la Russia.
Lo scorso marzo 2019 avevamo documentato la campagna elettorale che aveva preceduto le elezioni presidenziali in Ucraina sottolineando un clima di incertezza e la volontà della popolazione ucraina di superare i problemi legati alla corruzione, al conflitto con la Russia e al lento sviluppo economico. Il politico che era stato definito come l’anti-candidato, Volodymyr Zelensky, con un passato da uomo di spettacolo e businessman, era riuscito ad imporsi battendo il presidente uscente Petro Poroshenko e una figura politica ingombrante come Yulia Timoshenko.
La scelta di Zelensky da parte della popolazione ucraina sembrava dare una nuova speranza al paese che vedeva la corruzione, la pesante intromissione degli oligarchi in politica interna, il lento e difficile sviluppo economico, e la gestione del conflitto in Ucraina orientale come le problematiche fondamentali da risolvere.
Se la sconfitta di Poroshenko aveva tagliato fuori un oligarca dalla politica nazionale, l’elezione di Zelensky aveva permesso a Ihor Kolomoisky di entrare in maniera preponderante nelle strategie economiche e politiche ucraine. In effetti, Kolomoisky era stato durante la campagna elettorale il principale sostenitore dell’attuale presidente a dimostrazione del fatto che l’Ucraina si basa ancora oggi su un sistema oligarchico, qualcosa quindi di molto distante dalla democrazia promossa da Unione Europea e Stati Uniti e tanto attesa dopo l’EuroMaidan.
Corruzione, scontro tra oligarchi e problema COVID-19
Il supporto di alcuni oligarchi o la loro presenza nella politica ucraina ha sempre destato preoccupazione e sospetti sul processo democratico con una connessione diretta alla corruzione: lo scorso maggio 2020 il Parlamento ucraino aveva infatti approvato una legge anti-corruzione fondamentale per rispettare le richieste del Fondo Monetario Internazionale avanzate per poter successivamente favorire gli aiuti economici di cui l’Ucraina necessita per affrontare la crisi sanitaria del COVID-19.
La legge adottata dal Parlamento vieta allo Stato di restituire le banche nazionalizzate ai loro ex proprietari e vede coinvolto direttamente Kolomoisky. Nel 2016 il Governo ucraino, mentre era presidente Poroshenko, aveva sequestrato PrivatBank, di cui Kolomoisky era stato co-proprietario, e poi utilizzato un fondo di salvataggio di 5,5 miliardi di dollari per sostenere la ripresa economica della banca investendo una somma di denaro superiore a quella complessiva dei finanziamenti che il Fondo Monetario Internazionale aveva destinato all’Ucraina a seguito dell’EuroMaidan.
Da allora Kolomoisky e gli altri proprietari di PrivatBank avevano citato in giudizio il Governo ucraino per invertire la nazionalizzazione e ottenere un risarcimento dalla banca di proprietà statale e non più insolvente. La questione era giunta poi in Parlamento fino a quando non è stata sancita l’impossibilità di richiedere il denaro alle banche nazionalizzate, fattore che però non estromette completamente i proprietari di PrivatBank dall’accesso ai fondi erogati dal Fondo Monetario Internazionale se, come sostenuto dai media locali e internazionali, si prendono in considerazione alcune compagnie offshore collegate alla banca stessa e a Kolomoisky oppure i soldi devoluti a terze persone connesse con il network di amici o di partner commerciali dell’oligarca ucraino.
Una vicenda quella di PrivatBank molto complicata che sottolinea come a turno gli oligarchi che hanno accesso al potere in Ucraina cercano di favorire il proprio business e il proprio arricchimento economico facendo leva sulla politica e sui sistemi fiscali nazionali. Il tutto è avvenuto e continua ad avvenire in un momento storico che vede l’Ucraina dover affrontare sfide finanziarie significative e oggigiorno anche la crisi sanitaria del COVID-19.
In merito alla corruzione lo scorso 15 maggio 2020 l’Iniziativa per l’Anti-Corruzione dell’Unione Europea (EUACI) insieme all’Agenzia Nazionale per la Prevenzione della Corruzione (NACP) hanno presentato i risultati dell’indagine dal titolo “Corruzione in Ucraina 2020: comprensione, percezione, prevalenza” condotta dalla società sociologica Info Sapiens con il sostegno finanziario dell’EUACI nel periodo marzo-aprile 2020 su un campione composto da imprenditori, esperti e cittadini ucraini . Lo studio ha evidenziato che per la popolazione ucraina la corruzione è il secondo problema più cruciale dopo la guerra nella parte orientale del paese.
Il 69% dei cittadini ucraini ha indicato la corruzione tra i maggiori problemi, il 44,2% degli intervistati è stato vittima di corruzione o si è dovuto interfacciare con questa problematica anche se la maggior parte di coloro che hanno preso parte al sondaggio non ha una chiara comprensione di quali pratiche dovrebbero essere considerate corrotte e tollera alcune di esse. Quando la domanda è stata posta senza specificare un particolare campo, il 27% ha dichiarato che essi o i loro parenti hanno affrontato la corruzione durante l’ultimo anno. Interrogati su singoli casi di corruzione (ad esempio, estorcere contributi di beneficenza negli ospedali), il 44,2% dei cittadini ha confermato di aver avuto questa esperienza personalmente oppure attraverso un membro della famiglia
Secondo gli imprenditori il livello di corruzione in Ucraina è diminuito. Su una scala di cinque punti, gli imprenditori hanno valutato la prevalenza di pratiche corrotte in Ucraina a 4,23 rispetto al 4,52 del 2017. Il 56,9% degli imprenditori e il 52,2% della popolazione totale ritiene che in primo luogo l’Ucraina debba superare il problema della corruzione nei tribunali.
I dati dello studio presentato dall’EUACI confermano quanto riportato dall’organizzazione Transparency International che nell’Indice di Corruzione Percepita 2019 ha classificato al 129° posto l’Ucraina su un totale di 180 paesi con un valore di 30 punti su 100 registrando un peggioramento che ha fatto tornare il paese ai livelli del 2017.
Anche la libertà di stampa e di espressione non registrano dei valori incoraggianti se contestualizzati nel panorama sociopolitico ucraino: secondo i dati presentati dall’Indice della Libertà di Stampa pubblicato annualmente da Reporters Without Borders (RWB), l’Ucraina occupa la 96° posizione nel 2020, un miglioramento di sei posizioni rispetto al 102° posto nel 2019, anche se la stessa organizzazione tende a precisare che:
“Il fatto che il ranking dell’Ucraina sia aumentato di sei posizioni rispetto all’anno precedente è dovuto a un calo di altri paesi piuttosto che a qualsiasi progresso reale. Infatti, il cambiamento di governo e le speranze suscitate dall’elezione di Volodymyr Zelensky come presidente non hanno ancora ridotto le minacce e gli attacchi contro i giornalisti.”
L’emergenza sanitaria del COVID-19 ha duramente colpito l’Ucraina a livello economico-finanziario e, come visto precedentemente, il Governo di Kiev è dovuto ricorrere agli aiuti economici del Fondo Monetario Internazionale per gestire la crisi del paese. Secondo i dati aggiornati al 22 agosto 2020 in Ucraina si sono registrati 102.971 casi di persone risultate positive al COVID-19, un totale di 2.244 morti e 51.735 guariti con un numero di positivi giornaliero che supera le 2000 unità su una popolazione complessiva di 42,5 milioni di persone.
Dopo la chiusura per circa due mesi il Governo di Kiev a partire dal 22 maggio fino al 31 agosto ha imposto uno stato di quarantena adattata che annulla la maggior parte delle limitazioni, continua ad imporre il distanziamento sociale e l’obbligo della mascherina nei luoghi chiusi, ma ha aperto l’Ucraina ai visitatori stranieri con una suddivisione dei paesi esteri in zone rosse e verdi per differenziare gli stranieri che provengono da un paese che presenta 40 casi su 100 mila persone (zona rossa) dal paese con meno di 40 casi (zona verde).
Il COVID-19 ha avuto un netto impatto negativo sull’economia nazionale che è entrata in recessione nel secondo trimestre registrando una riduzione dell’11,4% rispetto all’anno precedente. La contrazione dell’economia ucraina è stata la più rapida registrata dal periodo aprile-giugno 2015 ed il PIL è crollato del 9,9%, valore massimo se si prende in considerazione l’ultimo decennio.
Alla recessione economica si deve aggiungere anche la perdita di valore della valuta nazionale ucraina (il grivnia ucraino) come dimostra il cambio con l’Euro: se all’inizio del 2014 il tasso di cambio di 1 grivnia con l’euro era pari a 0,08, a fine 2019 era 0,038 per poi raggiungere quota 0,031 a fine luglio 2020.
Politica estera: un sogno chiamato Europa e lo scontro con la Russia
In politica estera l’Ucraina propende tutta verso l’Occidente come si evince girando per la capitale Kiev: non è un caso, infatti, che al centro di Yevropeys’ka Ploshcha (Piazza Europea), una delle piazze principali dell’EuroMaidan dove giunge una delle vie più importanti cittadine come Vulizya Khreshchatyk (Strada Khreshchatyk), di fronte all’Hotel Dnipro, ci si imbatte nelle bandiere dell’Ucraina e dell’Unione Europea che circondano il simbolo della NATO. Un chiaro segno in politica estera che sottolinea ancora di più la volontà dell’attuale governo, come quello precedente con l’ex presidente Poroshenko, di guardare a Bruxelles e Washington come partner strategici principali in opposizione alla Russia di Putin.
Federazione Russa che rappresenta dal 2014 il nemico maggiore per l’indipendenza e la sovranità territoriale ucraina a causa dell’annessione russa della Crimea (secondo quanto dichiarato da Mosca avvenuta rispettando la volontà dei cittadini espressa attraverso un referendum) e del supporto russo alle repubbliche di Lugansk e Donestk la cui autodeterminazione e separazione dal governo di Kiev è avvenuta nel 2014 sempre a seguito di un referendum.
I rapporti tra Mosca e Kiev sono segnati quindi dall’ostilità e dal risentimento ucraino nei confronti della Russia, dato che si percepisce non solo nei difficili negoziati per il processo di pace dell’Ucraina orientale, ma anche parlando con la popolazione locale o visitando il monumento ai caduti definiti ‘difensori della patria’ situato nel centro cittadino che ricorda alla popolazione ucraina e ai visitatori stranieri i morti causati da quella che viene definita la ‘guerra russo-ucraina’.
Una ostilità verso la Russia che si riscontra anche a livello culturale, perché, anche se la lingua russa è ampiamente diffusa e parlata tra la popolazione ucraina, il russo è stato relegato a lingua non ufficiale e della minoranza etnica ed è stato completamente sostituito a livello burocratico, amministrativo e nel campo dell’istruzione dall’ucraino e dall’inglese. Mutazione linguistica riscontrabile nella capitale nelle indicazioni stradali, nelle scritte dei monumenti, nei menù dei ristoranti e nella quasi impossibilità nel reperire nelle librerie cittadine libri in lingua russa o grammatiche e testi per l’apprendimento del russo.
Se in politica interna la direzione di Kiev è quella di sottolineare l’elemento nazionale ucraino e denunciare le azioni russe, in politica estera occorre sottolineare come il conflitto con Mosca non ha registrato cambiamenti dal momento dell’elezione di Zelensky a presidente dell’Ucraina e vede la situazione dell’Ucraina orientale invariata con la Russia ferma sulle sue posizioni e l’Ucraina volenterosa di far parte di Unione Europea e NATO per avere il sostegno dei paesi membri in caso di una escalation militare.
Conflitto russo-ucraino che coinvolge anche le relazioni internazionali tra Italia e Ucraina per quel che concerne il caso di Vitaly Mykhailovych Markiv, un ex soldato italo-ucraino che ha prestato servizio presso il Battaglione della Guardia Nazionale ucraina sotto il Generale Serhiy Kulchytsky e che è stato condannato dal tribunale italiano di Pavia per l’uccisione del giornalista italiano Andrea Rocchelli e del suo interprete e dissidente russo Andrey Mironov nell’area vicina alla città di Sloviansk. La condanna ha avuto ripercussioni nei rapporti tra Roma e Kiev e ha visto l’ambasciata ucraina in Italia impegnarsi nel promuovere le posizioni del Governo di Kiev nel tentativo di rovesciare la sentenza del tribunale con accuse rivolte nei confronti della Russia, perché ritenuta dagli ucraini capace di influenzare il giudizio italiano attraverso la propria comunicazione strategica.
Un caso quello di Vitaly Markiv conosciuto agli esperti del settore e ai media, ma passato in secondo piano nell’opinione pubblica italiana anche se in Ucraina continua ad attrarre attenzione come dimostrano i vari cartelli e banner propagandistici presenti a Kiev in cui si chiede giustizia e la liberazione del soldato italo-ucraino.
Conclusioni
A distanza di poco più di un anno i tre differenti viaggi di lavoro in Ucraina hanno evidenziato una situazione di stallo per quel che concerno la politica interna e l’andamento economico. L’EuroMaidan aveva creato per molti cittadini ucraini i presupposti per l’affermazione della democrazia nel paese e la possibilità dell’Ucraina di divenire membro dell’Unione Europea e della NATO: oggigiorno, invece, l’ex repubblica sovietica sembra maggiormente attaccata al suo passato e al sistema oligarchico di quanto si possa pensare o spesso i media internazionali vogliono comunicare. Se è vero che nel paese si svolgono elezioni libere, è anche vero però che le persone che vi prendono parte sono oligarchi o politici supportati dall’oligarca di turno e tutto questo trasforma la politica interna ucraina in un gioco di interessi che molto poco si discosta dalla situazione pre-EuroMaidan.
La Russia è vista come il nemico per eccellenza e quindi anche la lingua russa, elemento culturale distintivo la cui conoscenza, però, ha permesso a molti ucraini di trovare lavoro all’estero essendo il russo una lingua veicolare in quasi tutto lo spazio post-sovietico e conosciuta o parlata da circa 260 milioni di persone. Diminuire la conoscenza del russo per valorizzare la lingua ucraina potrebbe incrementare maggiormente lo spirito nazionalistico e l’avversione nei confronti della popolazione di etnia russa con possibili futuri episodi di intolleranza. Inoltre, la mancata conoscenza del russo tra le future generazione le potrebbe isolare dal contatto con le altre realtà dell’ex Unione Sovietica con cui gli ucraini condividono un passato recente comune.
Anche se non esiste un divieto di parlare o usare la lingua russa (considerata come lingua di una minoranza nazionale), occorre sottolineare come l’ucraino sia andato a sostituire il russo in tutte le sfere della società ed è stato affiancato in maniera secondaria dall’inglese in una nazione dove, secondo il censimento del 2001, il russo è la lingua madre di 14.273.000 cittadini ucraini (il 29,3% della popolazione totale) e l’etnia russa rappresenta il 56% della popolazione totale di lingua madre russa.
Nell’ultimo anno i viaggi effettuati a Kiev ed Odessa hanno evidenziato come il governo di Kiev promuova significativamente il sogno europeo e la possibilità per l’Ucraina di divenire membro dell’Unione Europea. Un sogno, o aspirazione, quella di Kiev, che sembra però non prendere in considerazione le grandi difficoltà e divisioni interne che stanno caratterizzando l’Unione Europea stessa: la Brexit ha sottolineato la possibilità di recidere i legami con Bruxelles; la crisi dei migranti ha messo in contrasto i diversi interessi e le diverse necessità dei paesi europei contestualizzati nell’incapacità dell’Unione Europea di prendere una decisione univoca e perseguirla concretamente. Sempre la crisi migratoria scaturita dalla cosiddetta ‘Primavera Araba’ tanto voluta e promossa da alcuni paesi europei continua ad essere oggigiorno il banco di prova o dei fallimenti di Bruxelles che al contempo non riesce ad elaborare una strategia efficace in Libia e a controllare la Turchia sia per quel che concerne la gestione dei rifugiati sia per le politiche espansionistiche di Ankara nel Mediterraneo orientale e nel Nord Africa. La crisi sanitaria del COVID-19 ha nuovamente diviso i paesi europei con uno scontro notevole tra Italia ed Olanda per la gestione dei fondi europei e per la creazione del Recovery Fund in aiuto di quei paesi colpiti notevolmente dal Coronavirus le cui economie rischiano la recessione. Tutto questo si innesta nei difficili rapporti Bruxelles – Mosca aggravati a seguito della Crisi Ucraina con l’Unione Europea che ha imposto delle sanzioni economiche a Mosca che nel tempo sono sembrate essere un palliativo, perché non hanno portato i risultati sperati favorendo invece maggiori divisioni interne e trasformando la Russia in un argomento di dibattito in politica interna ed estera.
La domanda da porre al popolo ucraino è se esiste veramente la volontà di entrare a far pare di un Unione Europea caratterizzata da grandi divisioni interne, da paesi che vanno a velocità diverse e che perseguono obiettivi differenti, e da problemi che nel tempo si sono atrofizzati e risultano oggigiorno di difficile soluzione o gestione. E’ una reale volontà del popolo ucraino oppure una direzione politica solamente del Governo di Kiev che dal 2014 ha visto succedersi due presidenti senza però registrare un miglioramento nel sistema oligarchico nazionale e nella lotta alla corruzione?
Una decisione da prendere seriamente in considerazione visto lo stallo che l’Ucraina sta vivendo nello scontro con la Russia e viste le difficoltà economiche dovute al difficile sviluppo nazionale aggravato dalla crisi COVID-19 e da un sistema politico che lascia molto scontento tra la popolazione ucraina.
Autori: Giuliano Bifolchi & Silvia Boltuc