Guerra dell’informazione: il Cremlino accusa The Jamestown Foundation

The Jamestown Foundation
The Jamestown Foundation logo (Credits: The Jamestown Foundation Twitter Account)

Geopolitical Report ISSN 2785-2598 Volume 4 Issue 1
Autore: Giuliano Bifolchi

Il Procuratore Generale della Federazione Russa ha dichiarato la Jamestown Foundation un’organizzazione ‘indesiderata’ a causa di una serie di articoli pubblicati in merito all’area del Caucaso nordoccidentale.  Le autorità russe evidenziano come le analisi e gli articoli pubblicati rappresentino una minaccia per le basi del sistema costituzionale russo e incitano al separatismo etnico nelle repubbliche nord caucasiche.

Il giorno 8 aprile 2020 il Procuratore Generale della Federazione Russa ha pubblicato la dichiarazione ufficiale General’naja prokuratura Rossijskoj Federacii prinjala reshenie o priznanii nezhelatel’noj na territorii Rossijskoj Federacii dejatel’nosti inostrannoj nepravitel’stvennoj organizacii nella quale accusava Jamestown Foundation di pubblicare articoli, in special modo in merito alla questione dei circassi, dannosi nei confronti dell’unità nazionale della Federazione Russa, perché incentrati sul sentimento etnico delle popolazioni nord caucasiche.

Jamestown Foundation è un think tank di base a Washington D.C. creato nel 1984 negli Stati Uniti con lo scopo di fornire informazioni al pubblico ed educare i politici in merito a quei paesi considerati strategicamente importanti per gli Stati Uniti, ma di difficile accesso. In passato la Jamestown Foundation aveva istituito una pubblicazione dal titolo North Caucasus Weekly che aveva ospitato analisi ed interventi di studiosi statunitensi e stranieri le cui ricerche riguardavano le dinamiche della regione nord caucasica con speciale attenzione alla Cecenia.

Negli anni la Jamestown Foundation è stata accusata di essere uno strumento della Central Intelligence Agency (CIA). Nella fattispecie, l’Institute for Policy Studies aveva criticato il think tank di base a Washington D.C. di perseguire una politica conservativa. Come riportato dalla stessa Jamestown Foundation lo scorso 9 aprile 2020 e secondo le parole del presidente Glen Howard apparse sul sito web ufficiale, già in precedenza il Cremlino aveva accusato il think tank statunitense di perseguire una propaganda contro la Federazione Russa.

Serverniy Kavkaz tra politica interna ed estera del Cremlino

Il Caucaso del Nord è un argomento di elevata sensibilità per il Cremlino, perché la regione ha una importanza strategica significativa essendo ponte tra l’Europa e l’Asia e frontiera/collegamento tra il mondo musulmano e quello cristiano. La conquista russa della regione nord caucasica è avvenuta nel XIX secolo e si è completata a seguito della Guerra Caucasica (1817-1864) che ha visto l’assoggettamento dei diversi gruppi etnici nord caucasici.

La gestione del Caucaso settentrionale ha sempre rappresentato un problema per l’autorità centrale russa sia in epoca zarista, sia durante l’Unione Sovietica e oggigiorno con la Federazione Russa. Il Caucaso del Nord, infatti, evoca uno dei periodi più difficili della neonata Federazione Russa quando il Cremlino si andò a scontrare con i movimenti separatisti di indipendenza ceceni che comportarono un conflitto armato noto come Prima Guerra Cecena (1994-1996) conclusasi con la creazione della Repubblica cecena di Ichkeria.

Dalla debolezza degli anni ’90 della Russia di Eltsin si è passati alla forza dell’autorità centrale russa guidata dal presidente Vladimir Putin. Una volta riportata la Cecenia sotto il controllo del Cremlino l’autorità centrale russa si è dovuta scontrare con la militanza armata locale e con il fenomeno del terrorismo di matrice islamica che ha visto emergere nel 2007 Imarat Kavkaz (Emirato del Caucaso) a guida di Doku Umarov. Con l’ascesa dello Stato Islamico nel 2014 il Caucaso settentrionale è divenuto un target della propaganda jihadista fino a quando diversi leader della militanza armata locale, dopo aver giurato fedeltà ad Abu Bakr al-Baghdadi, permisero allo Stato Islamico di dare vita al Vilayat Kavkaz (Provincia del Caucaso).

Sin dagli anni ’90 diverse volte il Cremlino ha accusato attori stranieri di ingerenze nelle dinamiche nord caucasiche e di alimentare il separatismo dei diversi gruppi etnici presenti nella regione per favorire la destabilizzazione della Federazione Russa.

Lo stesso George Friedman, fondatore prima di Stratfor e oggigiorno alla guida di Geopolitical Futures, ha ripetutamente evidenziato come la destabilizzazione del confine meridionale russo tramite lo sfruttamento dei sentimenti di separatismo e nazionalismo locali e le differenze religiose potrebbe rappresentare l’inizio della disgregazione della Federazione Russa. La letteratura accademica russa, invece, riporta il concetto di ‘etnogeopolitica’ che esprime la volontà di attori stranieri di utilizzare le differenze etniche e socioculturali presenti nel Caucaso del Nord per alimentare separatismo e movimenti di militanza armata contro il Cremlino e favorire così l’indebolimento della Russia.

Conclusione

Con l’ascesa di Putin e la fine della Seconda Guerra Cecena (1999-2009) interpretata dal Cremlino come una operazione antiterrorismo contro la militanza armata locale, l’autorità centrale russa ha cercato di mantenere il controllo del Caucaso del Nord incentivando lo sviluppo socioeconomico e aumentando le operazioni delle forze speciali a livello locale volte ad arrestare o eliminare gli esponenti dell’Emirato del Caucaso e successivamente dello Stato Islamico. La strategia russa è stata però spesso attaccata da parte dei media internazionali e dal mondo accademico, perché vista come incentrata soltanto sull’aspetto economico e della sicurezza e fondata sulla privazione dei diritti fondamentali della popolazione locale, tra cui quello di salvaguardare l’identità etnica e religiosa.

Non solo la Jamestown Foundation, ma anche l’International Crisis Group hanno più volte pubblicato analisi, report ed articoli che accusavano il Cremlino di applicare politiche restrittive contro i differenti gruppi etnici nord caucasici. E’ anche vero che, vista l’importanza strategica nello scacchiere geopolitico euroasiatico, il Caucaso settentrionale è stato spesso investito dalla Guerra dell’Informazione e da attività di propaganda straniera e russa volta a cambiare la percezione dello stato attuale della regione e fomentare o ridurre i sentimenti di etnonazionalismo presenti sul territorio.

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